Zungri, la città di pietra: Guida per i Turisti
Se avete pianificato le vostre vacanze in Calabria, dovete necessariamente inserire nel vostro itinerario Zungri, la città di pietra con il suo sito rupestre degli Sbariati, a pochi kilometri da Tropea e Vibo Valentia. Merita davvero una sosta e una passeggiata tra quello che era un tempo un vero e proprio villaggio. Vediamo un po’ nel dettaglio tutto quello che c’è da sapere.
Come arrivare a Zungri
Per arrivare a Zungri e, in particolare al sito rupestre, percorrendo la A3 bisogna uscire a S.Onofrio (Vibo Valentia) e proseguire sulla strada provinciale per Tropea. L’insediamento è poi ben segnalato da apposite indicazioni ma, per evitare inconvenienti e/o problemi, consigliamo assolutamente l’uso di Google Maps o di una mappa perché è collocato in una zona piuttosto internata e bisogna attraversare delle vere e proprie aree di campagna calabresi.
Adiacente all’ingresso delle grotte e del museo annesso, si trova un piccolo parcheggio gratuito (una decina di posti) dove è possibile lasciare l’auto per partire all’esplorazione del sito. Qualora fosse pieno, si può cercare posto nel paese che non è per nulla distante.
*Tempo di visita stimato: 2 ore. Ticket d’ingresso: €3*
Un po’ di storia
Il villaggio rupestre degli Sbariati è un sito abbastanza esteso e rappresenta un unicum nel suo genere, dato che non vi sono villaggi simili con le stesse caratteristiche in tutta la Calabria. Consta di circa 50 cavità per una superficie complessiva di 3000 mq.
L’intera “città di pietra“, costruita con roccia arenaria, è opera di una comunità orientale fuggita in seguito alle persecuzioni iconoclaste, ma non necessariamente una comunità di monaci. Essendo un villaggio di popolazione dedita all’agricoltura e alla pastorizia, vi sono cavità ad uso abitativo, vere e proprie case-grotta, e altre ad uso produttivo. Queste abitazioni sono collegate attraverso delle gradinate.
Il tutto è stato costruito iniziando a scavare dal basso dove c’è l’acqua per poi procedere verso l’alto, fino all’ultima cavità, che in verità sono le prime che si visitano lungo il percorso. Interessante il sistema di canalizzazione dell’acqua: questa scorreva lungo appositi solchi per poi depositarsi in varie cisterne che si trovano in alcuni punti del sito. Anche le gradinate presentano gli stessi canali laterali proprio per il medesimo scopo: l’acqua, tra le altre cose, defluendo verso il basso, lascia i gradini sempre asciutti. Proprio per tale ragione il sito è stato definito “un’eccellente opera di ingegneria idraulica“.
L’intero sito rupestre è stato ricavato su delle preesistenze che erano dei silos, dove, nella prima fase (età bizantina), veniva immagazzinato il grano prodotto nell’area alta del Monte Poro. Successivamente, la comunità, per ottenere le grotte, ha scavato intorno a suddetti silos che sono stati murati perché non servivano più.
La comunità, però, non ha scavato perché si doveva creare un riparo, ma gli abitanti hanno progettato un villaggio: erano non solo abili scalpellini, ma anche menti molto ingegnose. Quindi, sicuramente venivano da mondi dove vivere in grotta era normale. Questo non è frutto di casualità, ma di progettualità. Molti villaggi orientali, infatti, hanno queste caratteristiche e Zungri, in parte, le ricorda: parliamo di Cappadocia, Giudea, Giordania, Tunisia, ecc.
La struttura del sito rupestre
L’intero sito rupestre è strutturato molto bene e si ha davvero la sensazione di entrare in un mondo quasi a sé stante. Il tutto non è affidato al caso, perché i visitatori sono “guidati” durante tutto il percorso. Una volta entrati, infatti, proprio adiacente la biglietteria, si trova un tavolo touch screen che riassume tutti i vari punti di interesse, evidenziando i dettagli che magari potrebbero sfuggire. Poi tutto il sentiero è organizzato secondo un vero e proprio percorso pedonale, intervallato da punti panoramici, con annessi pannelli descrittivi e aree picnic.
C’è un’ulteriore notazione da fare: in alcuni tratti, il sentiero delle grotte può risultare un po’ complicato, non agevole. Bisogna stare quindi attenti a non cadere, nonostante vi siano le corde che facilitano la discesa. Consigliamo, pertanto, l’uso di scarpe chiuse, evitando dunque sandali, tacchi, infradito e similari.
Una volta ultimato il percorso, all’uscita si trova il Museo della Civiltà Rupestre e Contadina dove si possono ammirare tanti reperti che testimoniano proprio l’evolversi del mondo rurale, ormai quasi del tutto dimenticato e scomparso ai giorni nostri.
Il villaggio rupestre degli Sbariati nel dettaglio
Entriamo un po’ nel vivo di quello che un tempo era il villaggio rupestre degli Sbariati. Noi di Due Coperti vogliamo descrivere un po’ cosa troverete lungo il percorso, soffermandoci sui punti maggiormente degni di nota, utili ad approfondire tutto il discorso e ad indirizzarvi sui dettagli più particolari.
Innanzitutto, la prima grotta che si incontra una volta entrati nel sito è un palmento e, all’interno dello stipite destro vi è una croce incisa. Questa è l’unica che non è visitabile dall’interno. Da qui in poi, comincia il vero e proprio villaggio.
Come abbiamo avuto modo di spiegare all’inizio del nostro articolo, i silos originari sono diventati poi delle vere e proprie cavità. In alcune di esse si possono notare degli elementi che sono delle mangiatoie, ma che in principio erano dei giacigli. Infatti, questo testimonia che, in un certo periodo storico che non si sa di preciso, il sito venne trasformato e venne usato prevalentemente per scopi agricoli: ecco perché i giacigli divennero mangiatoie.
Sopra uno di questi silos, se si guarda attentamente, c’è anche un forno, ricavato in epoca successiva e che fu poi utilizzato dai contadini fino agli anni ’80 quando il Comune decise di espropriare il sito per renderlo fruibile.
A metà percorso, proprio nel cuore del villaggio, c’è un’intera parete scavata a più livelli. Si accede da un portale e si sale ai piani superiori. A destra c’è un piccolo tunnel che, molto probabilmente, era una neviera, cioè una cavità al cui interno veniva conservata la neve che poi diventava ghiaccio e si usava nei periodi di siccità. Si può notare all’interno un focolare e, infatti, la parete non è perpendicolare rispetto al piano di calpestio ma è inclinata verso l’interno, così il fumo viene accompagnato verso il foro di uscita dei fumi. Questa è una perfetta canna fumaria: da fuori si vede un foro, all’interno largo che si restringe e torce verso destra per far uscire il fumo e il vento non aveva la forza e la capacità di farlo tornare indietro.
Questi sono elementi di alta ingegneria, pensati e realizzati mille anni fa. Ecco perché siamo in presenza di un popolo molto colto, avanzato.
Poi, al livello superiore troviamo la grotta più grande di tutto il sito: composta da due ambienti (bicellulare) a pianta ovoidale. Si accede dal primo e la pianta è dettata da ciò che sta in alto. Il secondo ambiente mostra un banco roccioso e sembra quasi una seduta, forse era la cavità dove la comunità si riuniva o una sorta di giaciglio, una camera da letto. Si possono notare poi tre cupole che erano originariamente dei granai, se le immaginiamo chiuse alla base. Dai fori in alto, quindi, buttavano il grano, chiudevano ermeticamente e così si conservava. Quando questi granai non servirono più, la nuova comunità che progettò e realizzò il tutto, scavò per ottenere le grotte.
Dall’apertura sopra l’ingresso, particolare la proiezione della luce solare che va ad illuminare un elemento che è una piccola nicchia. Nelle grotte precedenti non ci sono nicchie, da questa grotta in poi ci sono in tutte. Quindi siamo nella parte più antica del sito. Sicuramente era una nicchia votiva. Inoltre, sulla prima cupola, dove c’è l’apertura, sotto il foro, c’è una grande incisione che forse è un pesce, quindi altro simbolo della cristianità.
Da attenzionare anche quella che probabilmente è la grotta più antica del sito, che si trova alla fine della gradinata. All’interno c’è una grande vasca e da un foro veniva immagazzinata l’acqua che poi defluiva verso l’esterno. In questa grotta ci sono due nicchie, una di fronte all’altra, probabilmente era una cella, perché è abbastanza grande da contenere una persona distesa. Successivamente, è diventata un opificio.
Un’altra cavità mostra i segni dei gradini che portavano al piano superiore. Questa è l’unica scala interna che troviamo nelle grotte e addirittura ci sono molte nicchie. Però i fori delle travi qui sono a distanza ravvicinata, quindi si potrebbe pensare alla presenza di più solai vicini tra loro. Forse, infatti, era una grotta usata come stoccaggio, almeno nell’ultima fase.
Nella parte finale del sito si vedono altre grotte che presentano sempre il sistema suddetto di canalizzazione dell’acqua. In più, vi sono anche altre cavità che non appartengono al nucleo centrale, del tutto diverse dalle altre. Qui le nicchie sono esterne, forse servivano per produrre miele e cera. Ce ne sono almeno un centinaio.
Il sito internet di Zungri e il 360° Virtual Tour
Da gennaio 2020, secondo quanto trasmesso a noi di Due Coperti tramite comunicato stampa del Comune di Zungri, è disponibile per la consultazione il nuovo sito web delle grotte (www.grottezungri.it), completamente multilingua.
Il fiore all’occhiello del nuovo sito internet è senza dubbio il 360° Virtual Tour dell’area archeologica, visitabile gratuitamente. Permette di immergersi nella Città di Pietra e di visitarla da smartphone, computer, tablet e tramite dispositivi VR di realtà virtuale, per un’esperienza unica da far vivere anche a coloro che sono impossibilitati a scendere fisicamente attraverso lo stretto corridoio scavato nella pietra secoli fa.
Durante l’esplorazione, il visitatore può accedere a una serie di infografiche con contenuti extra, informazioni, fotografie (realizzate da tutti coloro che – per professione o per diletto – hanno visitato la Città di Pietra e ne sono rimasti affascinati) e curiosità sul sito archeologico. È stata anche realizzata una mappa interattiva per personalizzare al massimo l’esperienza.
Dunque, Zungri con il suo sito rupestre è sicuramente un posto assolutamente da non perdere. Qualsiasi visitatore che decide di esplorare il villaggio, non può che rimanerne incantato. Secondo noi di Due Coperti, è assolutamente consigliata: un viaggio nella storia unico nel suo genere! Un tesoro raro che unisce incredibilmente passato e presente e, probabilmente, anche futuro. Se avete voglia di approfondire, leggete l’intervista esclusiva a Maria Caterina Pietropaolo, Coordinatrice del Museo e dell’Insediamento Rupestre.
Se avete voglia di scoprire altre informazioni su Vibo Valentia, date un’occhiata alla nostra pagina dedicata proprio alla città Regina della Costa degli Dei.